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I libri che ti fanno vivere.

Io ci ho provato. Davvero.

Dai, un libro al giorno per sette giorni. Ma è dura, durissima. Sette giorni sono pochi, come faccio? Cioè, scelgo a caso? Estraggo a sorte dal mazzo, con un occhio chiuso a metà?

E poi. Niente commenti, solo la copertina. Figo, penso. Così non si influenza nessuno, ognuno trae le proprie conclusioni, grazie per lo stuzzicore, mi faccio un’idea ma non troppo.

Ok, ma io non ce la posso fare così. Voglio dire, riesco ad essere logorroica anche quando scrivo di pesci rossi, anatre sperdute e cassonetti dell’immondizia: siete davvero certi che possa resistere alla tentazione di commentare qualcosa che mi ha fatto palpitare forte il cuore? No, dai.

Come posso, ad esempio, pubblicare la copertina consumata de Il maestro e Margherita, senza raccontarvi che quando lo aprii la prima volta ero in treno, circondata dalla pianura padana, e poi per tre ore non fui più lì, ma in un universo scoppiettante e meraviglioso che mi lasciò senza fiato?

E Barnum, raccolta 1 e 2, sottolineate fino a trasformare le pagine di carta grigiastra in piccole autostrade per formiche diligenti. Potrei recitare interi pezzi a memoria,  facendo una lista delle persone a cui ho dedicato quelle pagine.

Bill Bryson, grazie di cuore, il tuo giro per l’Europa viene periodicamente rispolverato per tirarmi su di morale, e ogni volta funzioni che Xanax levati proprio. Ken Follett e la sua macchina del tempo, declinato nelle sfumature dei secoli, migliaia di pagine che mi hanno trascinato a spasso per il mondo.

Signor Eco, quando sei morto ho pianto, anche se (è dura confessarlo) i tuoi romanzi mi sono più indigesti di un piatto di pizzoccheri freddi. In compenso, tutto quello che hai scritto in saggistica mi trapana la testa ogni volta. Non per niente, “Non sperate di liberarvi dei libri” è nella classifica del mio comodino da anni. Non riesco proprio a metterlo via, ecco.

La valle dell’Eden mi ha fatto scoprire la cattiveria allo stato puro, La casa degli spiriti mi ha sconvolto e ammaliato come un incantesimo. Vita e La lunga attesa dell’angelo mi hanno fatto scattare un interruttore dentro, che da allora non si è più spento: non solo sono scritti come dei dipinti, ma raccontano storie che hanno il dovere di essere raccontate. E come le racconta lei, non c’è paragone.

Mi sono sbronzata di caldo con Cent’anni di solitudine, e rattrappita di freddo con Endurance. I quattro libri dell’Amica geniale hanno consumato le mie notti, smangiucchiato le pause pranzo, trapassato i pomeriggi. E dire che non mi ispirava per niente, perché le copertine sono orrende. Quando li ho terminati, ho letteralmente scagliato a terra il libro.

Ho pianto incazzata con quella deficiente di Emma, perché un uomo buono non si può davvero trattare così. Mentre le paturnie di Zeno mi hanno fatto ridere tantissimo, in barba al tizio serio che sedeva davanti nell’intercity Milano Genova. Con Open ho rischiato di iniziare a giocare a tennis, perdincibacco, e Donna imperiale della Buck mi ha regalato un gusto del dettaglio che è duro a morire. Uccelli di rovo l’ho letto tre volte, a dodici, ventidue e trentadue anni. Ogni volta è stato diverso, il che è meraviglioso.

Armi, acciaio e malattie mi ha letteralmente salvato dalla depressione più nera, in un periodo tosto. A mia madre, lettrice oculata e consigliera di una vita, avevano appena diagnosticato metastasi alle ossa. Pensavo di impazzire dal dolore. Leggere quel libro mi ha dato una visione della vita umana molto più pragmatica di quella che ero abituata ad avere, dandomi un nuovo paio di lenti attraverso cui ancora oggi riesco a vedere e a non soccombere nell’ansia.

Tralascio i dettagli su Gaiman, Stephen King e LeGuin. Sono delle querce su cui amo rifugiarmi, quando le faccende si fanno pesanti.

Non nomino nessun libro della mia infanzia, o dell’infanzia dei miei figli, perché prima o poi ci farò un tema dedicato.

Quindi

grazie a tutte le persone che hanno pensato a me nella sfida dei sette libri in sette giorni. È bellissimo vedere i gusti degli altri, indovinarne il carattere, ispirarsi o, anche, sorriderci su. Scusate se io non riesco a scegliere, né a fare una lista sensata e ordinata, non ce la faccio proprio.

La cosa che mi manda completamente fuori di testa è che io, tanti libri, NON ME LI RICORDO. Anche quelli belli belli. Quando mi chiedono un consiglio, vado in sbattimento. Ho bisogno di tempo, di concentrazione. Perché consigliare un libro non è mica uno scherzo.

Un libro ti cambia la vita.

Tanti libri, te la creano.